C’è un posto nel mondo dove il cuore batte forte, dove rimani senza fiato per quanta emozione provi; dove il tempo si ferma e non hai più l’età.
Quel posto è tra le tue braccia in cui non invecchia il cuore, mentre la mente non smette mai di sognare.
“Senza di te tornavo, come ebbro,
non più capace d’esser solo, a sera
quando le stanche nuvole dileguano
nel buio incerto.
Mille volte son stato così solo
dacché son vivo, e mille uguali sere
m’hanno oscurato agli occhi l’erba, i monti
le campagne, le nuvole.
Solo nel giorno, e poi dentro il silenzio
della fatale sera.
Ed ora, ebbro,
torno senza di te, e al mio fianco
c’è solo l’ombra.
E mi sarai lontano mille volte,
e poi, per sempre.
Io non so frenare
quest’angoscia che monta dentro al seno;
essere solo”.
In testa ho paesi bianchi
e scale a chiocciola.
In testa ho clarini che volano
più veloci delle rondini
che tornano dall’Egitto.
E occhi languidi come barche
come le barche che vincono
il campionato dei fiumi
ho voci che mi chiamano
in idiomi che non capisco.
Mi chiamano laggiù dalle isole
e mi gettano ponti d’amore
ponti di giunco e di piuma
ho in testa dove passeggiano
i figli dei miei figli
e mia madre è ancora giovane
in testa ho paesaggi verginali
con grandi giocattoli gialli.
In testa ho un cielo aperto
con angeli a cavallo.
La solitudine non è vivere da soli,la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi;la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui:è la distanza fra la linfa profonda e la corteccia,tra la foglia e la radice.
“La Maddalena è un’immagine forte, di esilio, di angoscia e senso di colpa …
Caravaggio aveva ucciso un uomo, ed avendo avvicinato se stesso alla morte, da cattolico, come primo istinto senti il dovere di fare un atto di contrizione.
Il suo omaggio pittorico dedicato a Maddalena è il peccatore che ha trascorso molti anni in penitenza solitaria; lei trasmette il senso di desolazione e di abbandono che è parte dell’esperienza mistica; e la luce divina crea un buio abbagliante.”
C’è da sognar pian piano,
perché i sogni decidono
come fossero passi;
e si lasciano dietro
impronte così nette
che l’anima trasale
nel vedere la terra
riempita di intenzioni
che sono forse tombe
del nostro grande intento.
Sognare quasi in punta
di piedi perché l’eco
d’un sogno, o un piede duro
su un suolo così tenero
potrebbe far crollare
le favolose torri
di qualche Babilonia.
C’è da affinar le dita:
oggi tutto è di vetro
appena lo prendiamo.
Nella nostra altra mano
forse diventa polvere
prima del necessario
se la si stringe più
di un ricordo di carne.
“Io non sono una storia che puoi raccontare,
non sono una canzone che puoi cantare,
non sono un suono che puoi udire,
non sono neppure questo che puoi vedere
né quello che puoi conoscere.
Io sono una sofferenza che anche tu puoi provare,
chiamami con un grido.
Gli alberi parlano con il bosco, l’erba con la terra,
le stelle con le galassie. E io parlo con te.
Dimmi il tuo nome, dammi le tue mani,
dimmi le tue parole, dammi il tuo cuore.
Io ho scoperto le tue radici.
Attraverso le tue labbra ho parlato al Tutto,
le tue mani sono sorelle delle mie.
In una luminosa solitudine ho gridato con te
per quelli che sono vivi.
In un oscuro cimitero ho cantato con te
la più bella canzone perché quelli morti quest’anno
erano le persone che amavano di più i vivi.
Dammi le tue mani. Le tue mani mi sono familiari.
Oh tu, che ho scoperto molto tardi.
Io parlo con te come le nuvole parlano con la tempesta,
come l’erba parla con la terra,
come la pioggia parla al mare,
come gli uccelli parlano alla primavera,
come gli alberi parlano al bosco.
Perché ho scoperto le tue radici,
perché la mia voce è sorella della tua”.
Noi siamo fatte così, di materia pura,
i compromessi ci stanno stretti e,
le vostre tavole,
non ci appartengono.
Se volete elargire amore, fatelo,
siamo qui quasi sempre per questo,
ma come scambio non prospettatevi
di ridefinire i nostri contorni.[…]
Un giorno pensai:
“Noi siamo fatte di pelle e vita,
siamo carne e anima,
siamo silenzi ed urla,
i nostri pensieri si attingono dai nostri seni
solo per nostra gentile concessione e
le nostra grida oltrepassano quegli orizzonti
sui quali voi invece vi soffermate.”
Qualcuno si offese da questo pensiero,
ma a me non importò.
Noi sappiamo bagnarci di acqua salata
anche senza l’aiuto delle onde e
ci sappiamo asciugare anche al riparo dal vento.
Non abbiamo stelle soltanto di notte,
non abbiamo fame solo nelle ore stabilite
e abbiamo sete ogni qual volta guardiamo la vita.
Eravamo già grandi quando voi eravate bambini
e siamo state capaci di essere bambine anche oggi
che voi ostentate la vostra maturità.
Noi siamo fatte così,
di aria calda e venti freddi e
sappiamo amare anche senza circoscrivere lo spirito e
sappiamo disertarci senza nemmeno tradirci;
siamo pietra e terra,
il tempo ci scalfisce e ci modella
senza mai violare la nostra anima:
provate voi a far germogliare il seme.