Amore non dannarmi al mio destino tienimi aperte tutte le stagioni fa che il mio grande e tiepido declino non si addormenti lungo le pulsioni metti al passivo tutte le passioni dormi teneramente sul cuscino dove crescono provvide ambizioni d’amore e di passione universale, toglimi tutto e non mi fare male.
In testa ho paesi bianchi
e scale a chiocciola.
In testa ho clarini che volano
più veloci delle rondini
che tornano dall’Egitto.
E occhi languidi come barche
come le barche che vincono
il campionato dei fiumi
ho voci che mi chiamano
in idiomi che non capisco.
Mi chiamano laggiù dalle isole
e mi gettano ponti d’amore
ponti di giunco e di piuma
ho in testa dove passeggiano
i figli dei miei figli
e mia madre è ancora giovane
in testa ho paesaggi verginali
con grandi giocattoli gialli.
In testa ho un cielo aperto
con angeli a cavallo.
Cè un regno tutto tuo che abito la notte e le donne che stanno lì con te son tante, amica mia, sono enigmi di dolore che noi uomini non scioglieremo mai. Come bruciano le lacrime come sembrano infinite nessuno vede le ferite che portate dentro voi. Nella pioggia di Dio qualche volta si annega ma si puliscono i ricordi prima che sia troppo tardi. Guarda il sole quando scende ed accende d’oro e porpora il mare lo splendore è in voi non svanisce mai perché sapete che può ritornare il sole. E se passa il temporale siete giunchi ed il vento vi piega ancor più forti voi delle querce e poi anche il male non può farvi del male. Una stampella d’oro per arrivare al cielo le donne inseguono l’amore. Qualche volta, amica mia, ti sembra quasi di volare ma gli uomini non sono angeli. Voi piangete al loro posto per questo vi hanno scelto e nascondete il volto perché il dolore splende. Un mistero che mai riusciremo a capire se nella vita ci si perde non finirà la musica. Guarda il sole quando scende ed accende d’oro e porpora il mare lo splendore è in voi non svanisce mai perché sapete che può ritornare il sole dopo il buio ancora il sole. E se passa il temporale siete prime a ritrovare la voce sempre regine voi luce e inferno e poi anche il male non può farvi del male.
La solitudine non è vivere da soli,la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi;la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui:è la distanza fra la linfa profonda e la corteccia,tra la foglia e la radice.
Toccandoti con mano vellutata ascoltai con delicatezza il tuo mugulio di voce… Se solo potessi stender le mani per risollevarti, ed estrarti da costei gabbia corporale in cui il fato ti avvolse, lo farei senza traccia di esitazione. Non vi sarebbe alcuna paura di macchiar me stessa dall’alone di morte cui il male, ti sta avvolgendo. Ti strinsi con voce in un caloroso e or delicato abbraccio nel disperato tentativo di lasciarti parte di me.. da portare nel tuo dolce e meritato, eterno riposo.
” Non sono né pietra né nuvola
né campana e neppure liuto
percosso da angelo o demone
Fin dall’inizio non sono stato che un uomo
e non voglio essere altro
Sono cresciuto come uomo
ho subìto il torto
talvolta ho fatto il torto
e talvolta il bene
Come uomo mi indigno
per l’ingiustizia e mi rallegro
per ogni barlume di speranza
Come uomo sono desto e stanco
e lavoro e ho apprensioni
e sete di comprendere
e d’essere compreso
Come uomo provo piacere per i miei amici
e provo piacere per la donna e i figli e i nipoti
e temo per loro e ho nostalgia della sicurezza
e voglio stare con gli uomini e talvolta solo
e compiango ogni notte trascorsa senza amore
Come uomo sono malato e vecchio
e morirò
e non sarò né pietra
né nuvola né campana
ma terra o cenere
ma questo non importa…”
Ecco quel fiero istante;
Nice, mia Nice, addio.
Come vivrò, ben mio,
così lontan da te?
Io vivrò sempre in pene,
io non avrò più bene;
e tu, chi sa se mai
ti sovverrai di me!
Soffri che in traccia almeno
di mia perduta pace
venga il pensier seguace
su l’orme del tuo piè.
Sempre nel tuo cammino,
sempre m’avrai vicino;
e tu, chi sa se mai
ti sovverrai di me!
Io fra remote sponde
mesto volgendo i passi,
andrò chiedendo ai sassi,
la ninfa mia dov’è?
Dall’una all’altra aurora
te andrò chiamando ognora,
e tu, chi sa se mai
ti sovverrai di me!
Io rivedrò sovente
le amene piagge, o Nice,
dove vivea felice,
quando vivea con te.
A me saran tormento
cento memorie e cento;
e tu, chi sa se mai
ti sovverrai di me!
Ecco, dirò, quel fonte,
dove avvampò di sdegno,
ma poi di pace in pegno
la bella man mi diè.
Qui si vivea di speme;
là si languiva insieme;
e tu, chi sa se mai
ti sovverrai di me!
Quanti vedrai giungendo
al nuovo tuo soggiorno,
quanti venirti intorno
a offrirti amore e fé!
Oh Dio! chi sa fra tanti
teneri omaggi e pianti,
oh Dio! chi sa se mai
ti sovverrai di me!
Pensa qual dolce strale,
cara, mi lasci in seno:
pensa che amò Fileno
senza sperar mercé:
pensa, mia vita, a questo
barbaro addio funesto;
pensa… Ah chi sa se mai
ti sovverrai di me!
Nel guscio dei tuoi occhi
Sverna una stella dura , una gemma eterna.
Ma la tua voce è un mare che si calma
a una foce di antiche conchiglie,
dove s’infiorano mani e la palma
nel cielo si meraviglia.
Sei anche un’erba, un’arancia, una nuvola…
T’amo come un paese.